Crescere rispettando i limiti del pianeta

È indiscutibile che le attività umane per la produzione costituiscano una minaccia per l’ambiente e per i servizi che offre. Gli shock meteorologici che l’umanità sperimenta – inondazioni, uragani, tempeste, tifoni, siccità, incendi, ondate di calore – rappresentano rischi per la perdita di vita umane, per l’arresto dell’economia e per l’interruzione delle catene di approvvigionamento.

L’idea che la crescita dell’umanità stia sottoponendo i limiti del pianeta a uno stress critico non è recente. L’origine del concetto di limite risale a Thomas Malthus, che ne 1798 pubblica il “Saggio sul principio di popolazione” (An Essay on the Principle of Population). Secondo Malthus, la popolazione umana tende a crescere in maniera esponenziale, al contrario la capacità terrestre cresce solo a un ritmo lineare e non può stare al passo con la domanda di cibo. Anche la produzione alimentare ha una crescita lineare e nessun aumento non è sufficiente a soddisfare la crescita esponenziale dell’umanità. Malthus conclude che la popolazione umana è destinata a superare le capacità della Terra e a metterle sotto pressione per nutrirsi, dando luogo a conflitti per la sicurezza alimentare, epidemie, fame e guerre, e scatenando una miseria tale da riportare la popolazione a un livello compatibile con i processi fisici della Terra che sostengono la produzione alimentare.

Già più di due secoli fa si credeva che gli ecosistemi naturali fossero critici alla nostra sopravvivenza. Questo concetto ha trovato sempre più fondamento a mano a mano che una catena di innovazione tecnologiche ha contribuito al miglioramento del tenore di vita e a standard più elevati e ad un aumento del benessere che hanno alimentato la crescita della popolazione e la sua pressione sulle capacità del pianeta.

Nel 1972, più di un secolo e mezzo dopo l’opera di Malthus, viene pubblicato “I Limiti dello Sviluppo” (The Limits to Growth). Il saggio sostiene che la crescita della popolazione umana e dell’attività economica porteranno al collasso dell’ecosistema, provocando il calo della produzione industriale e alimentare, e infine la riduzione della popolazione. L’abuso delle risorse minerali e biologiche esaurirà le materie prime necessarie per l’economia globale causandone la distruzione. Il saggio si spinge fino proporre un modello innovativo che integri economia e natura. L’obiettivo dello sviluppo sostenibile è, infatti, vivere una vita “entro i limiti” del pianeta, evitando di oltrepassarli e così mantenendo intatte le funzioni degli ecosistemi.

Sono stati identificati nove confini planetari strettamente interconnessi tra loro: la riduzione dello strato di ozono stratosferico, la perdita di integrità dell’atmosfera (la perdita di biodiversità), l’inquinamento chimico e nuovi agenti inquinanti, il cambiamento climatico indotto dall’uomo, l’acidificazione degli oceani, il consumo delle risorse di acqua dolce, il cambiamento del sistema terrestre (per esempio il degrado del suolo e l’esaurimento delle specie), gli sconvolgimenti di fosforo e azoto nell’ambiente, ed il carico di aerosol atmosferico. Le principali attività responsabili che premono su questi limiti sono l’uso di energia, l’agricoltura e i processi industriali.

A gennaio 2022, 14 scienziati hanno concluso sulla rivista scientifica Environmental Science and Technology che l’umanità ha superato il confine planetario relativo alle entità inquinanti, inclusa la plastica, a minaccia degli ecosistemi terrestri. L’umanità stava già operando molto al di fuori dei confini dell’integrità della biosfera e dei cicli biologici e chimici di fosforo e azoto, e fuori dal confine del sistema terrestre e del cambiamento climatico. Per mantenere la resilienza complessiva del sistema Terra, è necessario identificare i confini entro i quali l’umanità può operare, limitare le attività dannose, e intraprendere azioni che ci consentano di rimanere all’interno di questi confini, perché quando grandi cambiamenti diventano irreversibili, poi non si possono più evitare.